giovedì 7 novembre 2013

NASCE LA NUOVA PREVITENDA

E' con viva e vibrante soddisfazione, direbbe Crozza che ci piace annunciare in questo post la nascita della nuova Previtenda: 

Quello che ci colpisce è la freschezza e profondità di pensiero che germoglia un po' ovunque anche, se in  verità nessuno o quasi, in questa azienda  pare accorgersene. 


Ci siamo divertiti ad illustrare il Blog, che raccoglie i commenti all'ultimo Post "Caro amico ti scrivo", con immagini a cui prossimamente dedicheremo una riflessione attenta e per certi versi sorprendente. 


Dovete sapere che nella piattaforma Intranet aziendale è stato da poco creata una cartella "EXTRA" che contiene un intero catalogo merceologico a disposizione dei colleghi. 

Era il 1959 (l'alrro secolo) quando la milanese Anna Bonomi Bolchini importava dagli Stati Uniti la vendita per catalogo.

Ebbene si,  questa è la sconvolgente novità di questi signori.

A noi invece, dei tempi antichi  conserviamo nella memoria quell'antica cassaforte posta all'ingresso della filiale di Milano capace ancor oggi di evocare un immagine pulita ed ironica come nelle parole che oggi vi presentiamo. 





Non so usare i blog ne tanto meno ho familiarità con la rete (anzi dopo l’enfasi e l’abuso dei grillini 
il termine mi urta un po’), ma in questo caso mi preme esprimere alcune considerazioni veloci su quanto scritto da Roberto Errico.
Sono d’accordo sia rispetto alle constatazione della bontà del lavoro svolto e da svolgere da parte del sindacato, anche se un accento particolare andrebbe posto sulla grande maturità, consapevolezza del momento e capacità di guardare oltre dimostrata dalla FISAC CGIL MPS, e sono d’accordo sull’analisi delle modifiche intervenute nel settore. Mi suscita particolare piacere il fatto che, nonostante la mia veneranda età e l’inevitabile gap generazionale, mi trovo a condividere anche la riflessione sul modello culturale che dovremmo ribaltare attraverso la condivisione di alternative vere e praticabili che debbono tornare a connotare una sinistra “credibile” e punto di riferimento del cambiamento dello status quo.
In parte si tratta di svolgere la funzione del “bimbo che addita il Re in quanto nudo”, smascherando così la pletora dei perbenisti, dei codini, degli assimilati, dei ruffiani che continuano a vederlo e continuano a descrivercelo riccamente vestito e fonte salvifica delle sorti del mondo. Noi siamo altro e dobbiamo dire che “altro” vogliamo, noi siamo disposti a rimetterci in gioco ma anche a lottare duramente per ottenere quanto condividiamo e condivideremo con i nostri riferimenti ideali e materiali, lavoratori o cittadini che essi siano.
Lo sciopero contro la disdetta del Contratto nazionale è riuscito meglio delle più rosee aspettative: è un segnale da cogliere al volo per insistere sul cambiamento e sulle alternative possibili.
Ciao, un grazie a Previtenda e attendo di leggere altri commenti.




Michele Lomonaco






Trovo questo intervento di Roberto estremamente stimolante. In particolare apprezzo il coraggio e la lucidità con i quali pone prepotentemente al centro del ragionamento l'importanza di una comprensione teorica dei meccanismi produttivi come elemento di forza del sindacato in sede di trattativa. Credo che su questo si debba lavorare con forza e con rigore intellettuale per riuscire a sfidare le aziende sul piano delle incoerenze e delle inefficienze che spesso contraddistiguono le opzioni di rilancio indicate nei piani industriali. Ho parlato volutamente (e provocatoriamente) di "coraggio" perchè anche il sindacato, come tutte le grandi organizzazioni, vive di piccoli riti e consuetudini che non lo aiutano certo a cambiare passo velocemente al cambiare del contesto. Credo invece che il sindacato di MPS, quasi ineluttabilmente, dovrà diventare un laboratorio permanente di questo "cambio di passo". Non esistono ricette buone per ogni tempo e per ogni situazione, ma a maggior ragione non esistono in relazione a un sindacato che si trova nella condizione di dover tutelare i lavoratori in un contesto di crisi aziendale di dimensioni e caratteristiche oggettivamente inedite .


Alessandro Lotti




La trasformazione che sta interessando il Sistema Creditizio e Finanziario è senza dubbio imponente ed interessa sia le strutture organizzative – e conseguentemente i modelli contrattuali – sia il ruolo che il Settore stesso è chiamato a svolgere nel Sistema Economico.
Non è certo la prima grande ristrutturazione che coinvolge il Credito, che da circa 20 anni, infatti, è in una situazione di continue, spesso contraddittorie, ristrutturazioni. Questa volta si ha però la sensazione che il cambiamento sia più profondo e coinvolga principalmente la stessa vocazione industriale del Settore. Un mutamento che porta sempre più le Banche al di fuori della classica intermediazione, spingendole ad un ruolo più marcatamente legato alla vendita di prodotti finanziari. È chiaro che tale  trasformazione mette drasticamente in discussione il concetto di valore sociale all'interno dell'attività di erogazione del credito e persino la funzione di regolazione, più o meno diretta dalle funzioni pubbliche nazionali, del sistema economico. È un mutamento enorme che non può essere lasciato solo nelle mani dei grandi manager, pena il convogliare anche l'attività creditizia e la sua funzione sociale e nazionale all'interno delle dinamiche della divisione internazionale del lavoro – che hanno già spinto il nostro Paese ai margini dell'economia planetaria –,  disperdendo così la risorsa risparmio.
Contemporaneamente va avanti un processo di decontrattualizzazione che mira a privare i Lavoratori del Settore delle garanzie più significative previste dal Ccnl (Fondo di Solidarietà, Area Contrattuale) e a trasformare la Contrattazione Integrativa in mero strumento di gestione delle crisi aziendali. Altre proposte dell'Abi (politiche degli orari, erogazioni salariali incentivanti, sistema commissionale) vanno invece nella direzione di assecondare il processo di trasformazione "industriale" e la "vocazione" alla vendita.
A questo proposito la vicenda della Banca e del Gruppo Monte dei Paschi di Siena è paradigmatica e anticipatrice delle dinamiche di tutto il Settore del Credito per ciò che concerne la messa in discussione dei livelli occupazionali e delle garanzie contrattuali, con il sostanziale azzeramento del Contratto Integrativo e con il progetto delle esternalizzazioni; queste ultime sono emblematiche di una posizione, quella della Dirigenza della Banca Monte dei Paschi,  addirittura più oltranzista di quella dell'ABI, che pur avendo posizioni che non possono ovviamente essere condivisibili a maggior ragione dopo la disdetta del Ccnl, ha sostenuto che sarebbe più opportuno mantenere all'interno delle Banche certe attività, anziché esternalizzarle, e che sarebbe meglio pensare invece ad altre misure alternative da attuare, come ad esempio i contratti complementari (possibilità già peraltro inserita all'interno del Ccnl di Settore).
È chiaro che di fronte a tali dinamiche sono sempre più necessarie non solo una grande capacità di mobilitazione e di rappresentanza, ma anche l'affinamento di tutta una serie di strumenti teorici che ci aiutino ad affrontare, e possibilmente a governare, i processi di cambiamento. Ben venga quindi la creazione di sedi all'interno delle quali effettuare questi approfondimenti. Penso che Roberto abbia ragione e che questo blog possa diventare uno dei luoghi all'interno dei quali effettuare questo lavoro. 
Antonio Damiani



Con la vigilanza unica bancaria e la nascente Unione Bancaria preceduta dai prossimi Stress Test su 130 istituti europei, non è affatto escluso che potremmo assistere ad una nuova era di aggregazioni bancarie, col rischio concreto che il nostro sistema creditizio, in deficit di capitale, possa perdere parte della propria sovranità. Contemporaneamente, dopo i miliardi spesi da BCE e FMI per salvare le banche di mezza Europa, adesso si cambia registro e si fan pagare per primi i lavoratori e gli azionisti, col rischio che in futuro possano essere coinvolti anche creditori subordinati ed ordinari di banche in grave difficoltà.
Si tratta di capire se i nostri banchieri stanno provando ad uscire dalla crisi più profonda della storia con una ricetta di breve (come in passato) o di lungo respiro. Leggere che i managers tricolore (ahimè tutti) immaginano banche commerciali snelle, meno radicate sul territorio, che collocano prodotti finanziari preconfezionati e creati quasi sempre fuori dall'Italia, credo ci debba porre alcuni interrogativi: che fine farà la nostra professionalità? Dove andranno a finire i risparmi degli italiani? Nel senso quali economie finanzieranno? Usciremo mai dalla stretta creditizia in corso?
Se da un lato le sofferenze sono il segno che in Italia subiamo le conseguenze di un sistema eccessivamente bancocentrico, quando creeremo quelle professionalità in grado di finanziare chi si presenta in filiale con davvero un'IDEA imprenditoriale vincente? Come pensare di rilanciare il Paese se continueremo a erogare credito a chi c'è l'ha già oppure affidandoci esclusivamente all'intelligenza artificiale delle procedure?
Se il mondo private è destinato ad uscire dal controllo delle banche commerciali per diventare un mondo a parte fatto da liberi professionisti a partita IVA, assisteremo forse ad un'ulteriore riduzione degli impieghi da parte delle banche tradizionali senza quella preziosa raccolta?
In prospettiva si intravede già un lavoro a provvigione e sottopagato: tutti commessi del credito, col rispetto massimo per i commessi!! Oppure addetti ai call center delle nuove banche on line...
Nel frattempo l'uso degli psicofarmaci è in vertiginoso aumento, anche a BancoPosta!!, lo stress da rincorsa al budget rischia di assumere la proporzione di patologia professionale. Il tutto in netta contraddizione con l'idea di banca sistemica al servizio del paese, per il rilancio delle imprese e il sostegno delle famiglie.

Occorre agire subito, consapevoli però delle immense difficoltà, il campo di battaglia ormai assume confini sovranazionali!!!

Grazie a Roberto per lo stimolo che ci ha dato: andiamo oltre, attrezzandoci bene, che altrimenti rischiamo di venire travolti da una valanga!!

Yuri Domenici




Grazie Roberto, per l’invito prezioso, da cogliere al volo.
Così concludi il tuo post:
“Ma senza vivisezionare il nuovo modello di produzione, senza collegare micro e macro problemi, il Sindacato tutto continuerà una corsa ad inseguimento che sarebbe al contrario opportuno provare a fermare.”
Da tempo, in Emilia-Romagna, tentiamo di tradurre in concreto ciò che tu teorizzi ed auspichi. Lo abbiamo fatto, con esiti francamente apprezzabili, producendo un’analisi molto accurata (completa cioè di dettaglio tecnico/procedurale e normativo e di annotazioni critiche in tutto e per tutto aderenti alla realtà degli assetti organizzativi, dei processi produttivi e alla qualità/quantità dei prodotti sottostanti) di alcuni fra i principali segmenti operativi della Banca, la linea Affluent e i Centri PMI.
Lo facciamo nel quotidiano, spesso entrando nel merito dei prodotti in collocamento, grazie alla preziosissima collaborazione di colleghi e compagni costantemente impegnati nell’ordinaria operatività professionale.
Ciò ci ha consentito e ci consente, ancor oggi di essere per l’Azienda una controparte di fatto, oltre che di diritto (oggi purtroppo limitato o di fatto negato…).
Al di là degli esiti, ad ogni modo, mi pare utile soffermarmi qui sugli strumenti:
come, utilizzando quali risorse, conoscenze, fonti informative e riscontri empirici, grazie a quale capacità di immersione, contaminazione e duttile reinterpretazione del reale quotidiano, possiamo noi proporre un’”offerta” sindacale che sappia coniugare -qui viene il difficile- il rigore di un solido e irrinunciabile impianto valoriale (quello della CGIL) con l’inarrestabile involuzione in senso liberista e –aggiungo con convinzione- classista e dirigista della nostra Banca?
Come noterai la mia visuale sulle cose permane necessariamente ristretta: parlo cioè della nostra Banca …
Implicitamente sottoscrivo, una volta ancora e ancor più puntualmente, le tue parole: “senza collegare micro e macro problemi” …ecco il punto!
La Democrazia sindacale nasce inevitabilmente dal basso ed è sostanzialmente umanità che si immerge ogni giorno in uno spazio professionale dato, ne esperimenta e condivide i molteplici aspetti, li vive o li rivive (vedendo spesso calpestato e frustrato quel “libero arbitrio” che Pico della Mirandola faceva coincidere con la hominis dignitate) per poi ricondurli, in ragione della naturale inclinazione al sociale dell’essere umano, ad una sintesi costruttiva, negoziale e/o conflittuale..
Primo e fondamentale strumento rimane dunque per noi, l’uomo stesso, il sindacalista, tu, io, altri come noi…
Poi l’immersione che deve essere –così io la vedo- profonda e limitata. Traducendo voglio dire che il “ritorno della CGIL nelle fabbriche e negli uffici” è ancora e sempre più una necessità prima ancora che un’opportunità.
Ecco dunque che l’essere e il suo spazio sono oggi a mio avviso i due elementi centrali su cui basare, nel concreto, il nostro sforzo di innovazione e crescita.
Forte identificazione del sindacato con la realtà del lavoro comporta conoscenza tecnica dei processi produttivi e del prodotto e genera capacità critica e quindi potenzialità negoziali diversamente negate.
Chiudo questo mio post con l’intenzione di portare presto la nostra discussione sull’altro elemento centrale che tu –e ancora una volta condivido in pieno- proponi alla nostra riflessione: la battaglia culturale.In questo senso lo sforzo che la tecnostruttura aziendale sta producendo –con esiti ad oggi francamente deludenti, io credo…- merita un’analisi accurata che cercherò quanto prima di avviare e sottoporre alla vostra attenzione.

Vincenzo Madonna 

Ascoltare , informare ,parlare , documentarsi , la crisi che stiamo affrontando passa attraverso la sua comprensione , ben venga quindi un luogo delle idee e dell'azione dove potersi confrontare al di fuori delle ricette precostituite.

Alessandro Pieragostini







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